Giusto tre mesi fa vi abbiamo parlato del Sangiovese e di come questo vino sia entrato nel cuore dei romagnoli come il
vino “di casa”. Ecco se il Sangiovese è un po’ il “babbo”; l’Albana è un po’ come la “mamma” della famiglia: una persona, in questo caso un “nettare” al quale si vuole bene in maniera incondizionata. Forse addirittura più del Sangiovese, questo vino è simbolico della Romagna perché, mentre il Sangiovese è un vitigno che attecchisce anche in altre zone d’Italia e innesta e rende migliori e più robusti tanti altri vitigni, l’Albana è solo romagnolo e solo di una particolare zona: la “vena dello Spungone romagnolo”. E i tentativi, peraltro numerosi, di esportare questo vitigno in altre zone d’Italia, non hanno mai dato frutti sufficienti. Proprio perché solo nell’area dello “Spungone”, una sorta di piccola catena rocciosa che si estende fra il torrente Marzeno a Brisighella e Capocolle (sulla via Emilia, fra Forlimpopoli e Cesena), si trovano le condizioni perché l’Albana abbia, nelle sue diversità che poi vedremo, quel determinato sapore, quel profumo all’olfatto, quel tipico retrogusto.
L’Albana dello Spungone
Lo Spungone è una dorsale appenninica costituita da rocce sedimentarie calcaree risalenti al pliocene, un’epoca geologica che va dai 5,3 ai 2,5 milioni di anni fa. I terreni che affiancano quest’area calcarea sono argillosi o argillo-limosi e, in parte, anche sabbiosi e poveri di calcare. Tutti situati a una quota superiore ai cento metri sul livello del mare, ben esposti al sole. Comunque, terreni, capaci di contenere la vigoria delle viti e di definire il quadro aromatico dell’uva prodotta. Una condizione così unica si ha solo lì ed è per questo che l’area di produzione del Romagna Albana è strettamente limitata: in provincia di Forlì e Cesena a Castrocaro Terme e Terra del Sole, Forlì, Forlimpopoli, Meldola, Bertinoro, Cesena, Montiano, Roncofreddo, Savignano sul Rubicone, Longiano. In provincia di Ravenna a Castelbolognese, Riolo Terme, Faenza, Casola Valsenio, Brisighella. Nella Città metropolitana di Bologna a Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel San Pietro terme, Dozza Imolese, Fontanelice, Imola, Ozzano Emilia.
L’Albana e le sue leggende
La storia di questo vitigno, come succede in tanti casi, si ammanta di leggende più o meno credibili. Una vuole che la sua coltivazione sia stata introdotta in Romagna dai romani (per cui il nome Albana deriverebbe dal latino “albus”, cioè “bianco” o, meglio ancora, “pallido”) ma non esistono riscontri storici in merito. Un’altra leggenda lega il nome di Bertinoro (cittadina d’elezione per l’Albana) a Galla Placidia (quella del mausoleo ravennate), figlia dell’imperatore Teodosio e madre del futuro imperatore Valentiniano, la quale si trovava presso la corte di Ravenna. Si racconta che nell’estate del 435 dopo Cristo, per sfuggire alla malaria, si fosse spostata in un paesino collinare e che gli abitanti di questo villaggio le avessero offerto dell’Albana in un boccale di terracotta. Il vino le sarebbe piaciuto così tanto da farle esclamare: “Ma tu sei così buono che dovrei berti in (un boccale) d’oro!”. Da quel momento, si narra che quel paesello avrebbe cambiato il suo nome da “Monte dell’Uccellaccio” a “Bertinoro”. Fantasie assolute. La prima vera traccia storica dell’Albana l’abbiamo nel 1305 quando un giudice bolognese appassionato di agronomia, Pier De’ Crescenzi, pubblica un trattato d’agricoltura, il Ruralium commodorum libri XII, nel quale accenna direttamente all’Albana e scrive che: “Questa maniera d’uva è avuta migliore di tutte le altre a Forlì e in tutta la Romagna”, individuando già da allora in modo preciso le località in cui l’Albana dava i prodotti migliori.
L’Albana, il disciplinare
Il disciplinare di produzione ne prevede cinque tipologie: secco (asciutto), amabile, dolce, passito e passito riserva. Il vitigno deve essere di Albana al 95%. Le caratteristiche variano, ovviamente, a seconda dei tipi. L’Albana secco deve
essere di colore giallo paglierino, tendente al dorato per i prodotti invecchiati; di odore leggermente profumato di Albana (questo vino è talmente “unico” che i suoi sentori sono di difficile classificazione per cui si preferisce parlare di “odore caratteristico dell’Albana”); il sapore, asciutto un po’ tannico, caldo e armonico; il titolo alcolometrico volumico totale minimo (cioè la “gradazione”), al 12,00%. L’Albana amabile ha un colore giallo paglierino, tendente al dorato per i prodotti invecchiati; l’odore è quello caratteristico dell’Albana; il sapore è fruttato, amabile, gradevole, caratteristico; il titolo alcolometrico volumico totale minimo al 12,50%. Anche l’Albana dolce è di colore giallo paglierino, tendente al dorato per i prodotti invecchiati; l’odore è quello caratteristico dell’Albana; il sapore fruttato, dolce, gradevole, caratteristico; il titolo alcolometrico effettivo minimo: 8,50%. L’Albana passito, invece, è di colore giallo dorato con tendenza all’ambrato; l’odore è intenso e caratteristico; il sapore vellutato, gradevolmente amabile o dolce; il titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,00%. Infine, l’Albana passito riserva, contempla un colore dal giallo paglierino al giallo oro brillante con riflessi ambrati; un odore intenso, con chiare note fruttate e di muffa nobile; il sapore è pieno e intensamente dolce, gradevolmente acido e il titolo alcolometrico volumico totale minimo è di 24,00%.