Ci sono cibi e piatti della tradizione emiliano-romagnola che hanno una loro storia nobile se non, addirittura, leggendaria. Di
un paio di questi abbiamo già trattato nel nostro blog quando abbiamo scritto della piada e dei tortellini e delle loro origini ammantate di storia, letteratura e leggenda. Oggi, invece, parliamo di un primo piatto che ha origini davvero umili, nelle campagne della bassa Romagna ma anche del pesarese e dell’Umbria: i passatelli. Una pasta nata dall’inventiva di quelle che in Romagna chiamiamo “azdore” e che ai tempi della Romagna contadina (in pratica fino agli anni ’40 del secolo scorso) reggevano le sorti delle case mentre i mariti e i figli erano fuori, al lavoro nei campi. Le vere colonne portanti delle famiglie del tempo che fu. Il nome “passatelli” (Pasadèl, in dialetto), deriva dal fatto che l’impasto ottenuto viene poi “passato” al “ferro”, lo strumento tipico dal cui utilizzo si ottengono dei grossolani filamenti che saranno poi gettati nel brodo per la cottura. “E fer per i pasadèl” (il ferro per i passatelli) era uno strumento tipico e immancabile in una cucina romagnola del tempo che oggi è stato sostituito dal più pratico schiacciapatate.
Passatelli, minestra povera
Sui passatelli non troverete storie affascinanti o leggende o poemi letterari. Perché il passatello nasce nelle case di campagna,
s’impara a prepararlo nel corso dei secoli con il passaparola fra azdora e azdora ma non assurge mai a una grande notorietà. Perlomeno fino a che non ci si accorge, in tempi molto recenti, che tutto il cibo del territorio ha il suo perché ed è bello, giusto e corretto portarlo in tavola per gli ospiti. Alla fine, anche i passatelli diventano una ricetta da “ristorante stellato”, con alcune varianti “gourmet”, e trovano la loro consacrazione anche in alcuni programmi televisivi di grande ascolto. Ma all’inizio il passatello è la minestra “dell’ultima spiaggia”, cioè quando in cucina non c’è quasi più niente ma l’azdora, spesso in condizioni di quasi totale indigenza, deve pur mettere qualcosa in tavola prima del ritorno degli uomini dal duro lavoro dei campi. Ecco che allora il passatello nasce, per necessità, dall’utilizzo di pane raffermo, uova e formaggio indurito. Questi elementi venivano amalgamati e poi cotti in un brodo di carne “povera”, di pollo o cappone. E’ questa la semplice ma dignitosa ricetta originale di questa pasta fatta in casa. Una ricetta che però si arricchisce subito di alcune aggiunte perché dalle campagne arriva in città e le cuoche di città hanno più possibilità economiche. Ecco che, allora, al passatello si aggiungono pian piano la noce moscata, la scorza di limone e altro.
Passatelli, le ricette dell’Artusi
Pellegrino Artusi, il forlimpopolese padre della moderna gastronomia italiana, nel 1891 pubblica la prima edizione del suo
celeberrimo libro “La Scienza in Cucina e l’Arte di Mangiar Bene”. Un’opera fondamentale per capire il prima e il dopo della cucina italiana (ad oggi ha venduto più di un milione di copie). In quella prima edizione Artusi inserisce due ricette per i passatelli. Vi riportiamo par pari il brano del libro come lui l’ha scritto: “Eccovi due ricette che, ad eccezione della quantità, poco differiscono l’una dall’altra. Prima: Pangrattato, grammi 100. Midollo di bue, grammi 20. Parmigiano grattato, grammi 40. Uova, n. 2. Odore di noce moscata o di scorza di limone, oppure dell’una e dell’altra insieme. Questa dose può bastare per quattro persone. Seconda: Pangrattato, grammi 170. Midollo di bue, grammi 30. Parmigiano grattato, grammi 70. Uova n. 3 e un rosso. Odore come sopra. Può bastare per sette od otto persone. Il midollo serve per renderli più teneri, e non è necessario scioglierlo al fuoco; basta stiacciarlo e disfarlo colla lama di un coltello. Impastate ogni cosa insieme per formare un pane piuttosto sodo; ma lasciate addietro alquanto pangrattato per aggiungerlo dopo, se occorre. Si chiamano passatelli perché prendono la forma loro speciale passando a forza dai buchi di un ferro fatto appositamente, poche essendo le famiglie in Romagna che non l’abbiano, per la ragione che questa minestra vi è tenuta in buon conto come, in generale, a cagione del clima, sono colà apprezzate tutte le minestre intrise colle uova delle quali si fa uso quasi quotidiano. Si possono passare anche dalla siringa”. Rispetto alle ricette proposte dall’Artusi la formula odierna dei passatelli subisce qualche variazione secondo la territorialità, le abitudini delle famiglie e anche del tempo che, trascorrendo, “affina” le ricette rendendole gradite al gusto dei contemporanei.
La ricetta contemporanea dei passatelli
Ma come si fanno i passatelli, oggi? Partiamo dagli ingredienti. Per quattro persone, occorrono: tre uova di gallina; 150 grammi di pane grattugiato finemente; 150 grammi di parmigiano grattugiato; un cucchiaio di farina 0; mezza scorza di limone; noce moscata q. b., sale q. b., pepe q.b. Questa la preparazione: su un tagliere, sistemate “a fontana” il pan grattato e la farina e rompete al centro le tre uova. Aggiungete il parmigiano, una grattata di noce moscata, la scorza del limone, il sale e il pepe. Amalgamate con le mani fino a ottenere un impasto piuttosto compatto. Se necessario, regolate con il pane grattato e il brodo (nel caso di passatelli preparati nella versione più classica). Il composto andrebbe fatto riposare per circa 2/3 ore a temperatura ambiente. Durante tale tempo, lavoratelo di nuovo ogni 20/25 minuti per renderlo elastico e consistente. Quando l’impasto è pronto, dividetelo in tre o quattro “palle”, fate bollire il brodo e, inserendo le forme nello schiacciapatate, pressate fino a ottenere dei filamenti rugosi che getterete nel brodo. Quando il passatello affiorerà in superficie, sarà cotto.